01 settembre 2015

“L'ABBRACCIO” DI MASSIMILIANO BARDOTTI recensito da Vincenzo Capodiferro

“L'ABBRACCIO” DI MASSIMILIANO BARDOTTI
Una raccolta profonda e stringente di versi appositi

“L'abbraccio” è un'opera di Massimiliano Bardotti, pubblicata da Fara, Rimini 2015, Prefazione di Vincenzo D'alessio. Massimiliano Bardotti, nato a Castefiorentino nel 1976 ha pubblicato diverse opere, tra cui “Fra le gambe della sopravvivenza” (Thauma 2011) e “A cieli aperti” (Thauma 2013). È ideatore e docente del laboratorio di scrittura ri-creativa “Cut-up. La sartoria delle parole”. È  presente in diverse antologie e blog letterari. “L'abbraccio” è stato selezionato alla V edizione del concorso Faraexcelsior 2015. Come annota Vincenzo D'Alessio nella Prefazione: Questa raccolta poetica è divisa in quattro sezioni, ciascuna delle quali ha come incipit dei versi presi a modello da poeti vissuti a cavallo degli ultimi due secoli: Dino Campana, Alda Merini, Emanuel Carnevali e Arthur Rimbaud. L'abbrivo delle voci poetiche dona alla trama la vastità dell'atto che l'abbraccio rappresenta: protezione, accoglienza “degli umili, degli emarginati, degli orfani, dei naufraghi, dei folli, dei poeti, la lunga carezza dell'abbraccio”. L'abbraccio è l'orizzonte immenso che raccoglie gli enti in un afflato di rapporti che congiungono. Ogni uomo, ogni cosa, ogni passione: tutto è legato, tutto è trama. Leggiamo in Patria notte: La notte/ mia patria/ riparo/ corteccia./ Di notte/ rinasco. La notte è l'immensità del buio. La notte è l'abbraccio, perché protegge l'anima dalle “opere e i giorni”. Ed è paradossale perché l'oscurità protegge dal male e protegge nello stesso tempo il male: le opere dell'iniquità avvengono di notte. Ed echeggia Dino Campana: la notte del crepuscolo si attenua./ Inquieti spiriti sia dolce la tenebra. È questo crepuscolarismo che avvolge la poetica del Bardotti. Stiamo appesi alle grondaie/ come gocce di una pioggia che non cade. La pioggia non cade da quel cielo che nei versi di Massimiliano è uno specchio di anime e rimembra stelle cadenti. Ci ricorda il pascoliano 10 Agosto: E tu, Cielo, dall'alto dei mondi/ sereni, infinito, immortale,/ oh!, d'un pianto di stelle lo innondi/ quest'atomo opaco del Male! L'abbraccio va letto a mozzafiato e fa riflettere sulla vita e sulla terra. È l'eco profondo di una voce che si unisce al coro di protesta contro i soprusi: L'infanzia che uomini-eroi hanno difeso sacrificando la propria esistenza per sottrarla al Potere occulto delle classi dominanti, alla superbia dell'offuscata sommità di questa maledetta Torre di Babele, che rinnova i suoi gradini con il sangue degli umili, degli emarginati, degli orfani, dei naufraghi, dei folli, dei giudici e dei poeti per raggiungere il vertice acuminato dal quale guardare lo stesso mondo, dal quale parte la base dell'Umanità. Sono parole profetiche di Vincenzo D'Alessio, non di un “uomo del mio tempo”, senza amore, senza Cristo, ma di un uomo autentico che ha portato sulle spalle la croce, ha vissuto di persona il dramma di un'esistenza, che proprio nella sua verità è stata sempre contrastata. L'abbraccio è dedicato agli ultimi della vita, ai poveri, agli emarginati, ma è dedicato soprattutto all'uomo che è naufrago della vita, barca destinata al naufragio, come verseggia Govoni: Sul mio capo di naufrago/ galleggiante sul mare nero della vita/ afferrato ad una tavola sfasciata/ materna culla/ vedo ancora ondeggiare le stelle.

Vincenzo Capodiferro

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