TEODICEA
A cura di Vincenzo
Capodiferro
È uscito da poco alle stampe “Teodicea”, a cura di Vincenzo Capodiferro,
presso l’editore Christian Cavinato. Si tratta di una stracciata raccolta di
meditazioni di una donna nascosta, Renèe, una carmelitana scalza che visse nel
Dipartimento, ancora più nascosto dell’Aveyron a sud della Francia, nel secondo
Ottocento. E proprio in quel Dipartimento sorge la città di Albi: contro gli
Albigesi fu indetta una crociata nel ‘200 da papa Innocenzo III. Siamo nella
Francia della Terza Repubblica, in cui a parte gli opportunisti, le
recrudescenze contro i cristiani erano molto pungenti, sebbene non arrivassero
a quelle dei neo-martiri odierni. Le meditazioni sono stracciate perché parte
degli scritti è stata lacerata dalla raccolta. Renèe è una donna straordinaria:
ci ha lasciato questo gioiello in uno scrigno. Il testo è corredato da un
“Trattato sull’argomento ontologico” a cura di Vincenzo Capodiferro, in difesa
di quello spinoso argomento, che da Anselmo a Gödel ha fatto tanto discutere di
sé: tanto che Kant si mise con tutto l’impegno a smontarlo nella sezione della
“Dialettica Trascendentale” della “Critica della Ragion Pura”, dedicata alla
teologia razionale. Come mai un argomento tanto discusso scosse le menti di
tutti: Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel e tanti altri? Forse perché qualcosa di vero è nascosto nel
discorso di Anselmo! La Teodicea di Renèe tocca tutti i temi profondi di questa
scienza, fondata da Leibniz: dal problema
dell’esistenza di Dio a quello del rapporto tra Dio e mondo, dalla
libertà dell’uomo al dramma del male. Vi è esposta una teoria
dell’Impersonalismo, che si riallaccia alla tradizione mistica tedesca. Vi sono
riportati discorsi bellissimi di personaggi del tempo, più o meno famosi, come
De Maistre e Balmes. Teodicea significa “Giustizia di Dio”. Dopo Leibniz il
nome si estese ad intendere tutta la teologia naturale, tanto che Kant medesimo
la divide in tre parti, tali a giustificare l’operato divino: nella santità in
presenza del male morale, nella bontà in presenza del male fisico, nella
giustizia in presenza del male metafisico. È in grande problema di sempre, che
preoccupava Leibniz: se Dio esiste perché il male? Se non esiste, perché il
bene? Il mistero dell’iniquità accompagna sempre quello della bontà divina. E
proprio Leibniz reinterpretando Agostino, risponde: il male metafisico consiste
nella semplice imperfezione, il male fisico nella sofferenza, il male morale
nel peccato. L’intento è più che altro di valorizzare queste donne ascose,
donne meravigliose, che ci hanno lasciato scritti sublimi, come la “Passione”
di anonima lucchese e “Sentieri di giorni beati” di anonima religiosa. Sono donne
che pur non volendo uscire dall’anonimato hanno vissuto straordinariamente e
con grandiosa dignità ed hanno tracciato sul terreno orme esemplari, che noi
seguiamo con piacere e stima.
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