03 maggio 2017

Recensione di "La neve è altrove" di Giovanna Iorio a cura di Vincenzo Capodiferro

LA NEVE È ALTROVE
Una raccolta unica di poesie, tradotta in sei lingue di Giovanna Iorio

Giovanna Iorio vive a Roma. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie, tra le quali si segnalano: Haiku dell’Inquietudine (Fusibilia 2016) e Frammenti di un profilo (Pellicano 2015). È presente in molte antologie e radiodrammi. Collabora con Roma&Roma, DiarioRomano ed Erodoto108. La Neve è altrove, edita da Fara, Rimini 2017, è un’opera polifunzionale. Ha diversi coautori, perché la traduzione è una specie di creazione: Alexej Klijatov, Charlie Hann, Zingonia Zingone, Anna Jolanta Lagoda, Anna Maria Curci, Grazia Calanna. È tradotta in sei lingue e le traduzioni seguono l’una accanto all’altra, inframmezzate da bellissime foto artistiche di cristalli di neve. È proprio questa fattispecie che rende l’opera di Giovanna Iorio unica nel suo genere. È un’opera scritta a diverse mani, interpretata da diversi autori nello stesso quadro d’insieme. Leggiamo dall’introduzione di Marco Sonzogni: «”Ad Auschwitz c’era la neve”: così comincia Canzone di un bambino nel vento di Francesco Guccini. La strofa iniziale di questo celebre testo si conclude con un’affermazione ripetuta due volte: “ e adesso sono nel vento” in quel bosco di betulle, in quell’altrove di morte, “tante persone” canta Guccini, sono state tradotte in “un solo grande silenzio”. Per contrappasso o piuttosto proprio per alibi (è questa, del resto, la parola che in latino significa altrove), ho subito pensato a questa canzone leggendo i versi che Giovanna Iorio ha raccolto con il titolo La neve è altrove». L’essere “altrove” rimanda ad una trascendenza dell’essere: “tutte le cose portano scritto più in là”, rimava Eugenio Montale. L’essere è trascendente. Tutta la realtà è proiettata altrove, in un contesto metafisico che la circonda: «La neve è altrove/ a noi parla il grigio del cielo/ da qualche parte le volpi attraversano/ pagine bianche – Oh, voi che affondate/ le zampe in questo silenzio/ tornate». Il libro inizia con una forte citazione di Keplero: «Non è che io sappia quanto Voi amiate il Nulla (…). Così mi è facile presumere che un regalo vi sarà tanto più gradito quanto più esso sarà prossimo al Nulla. Qualunque sia l’oggetto che vi aggradi come evocazione del Nulla, bisogna che esso sia di tenue importanza, di piccola misura, di prezzo minimo, e che non sia granché durevole, cioè che sia quasi Nulla. . nella natura , queste cose abbondano e una scelta si impone». La struttura del reale è il nulla. La materia è un’architettura fantastica, come la neve, sottilissima, fatta di esili segmenti sospesi nel vuoto. Siamo sospesi nel vuoto, siamo impastati di nulla. Da questo punto di vista significativo è il saggio La neve e il nulla, di Stefano Iannone, posto in appendice al testo della Iorio. Vi si analizza la struttura molecolare del fiocco di neve. Questo ultimo saggio è correlato naturalmente alla citazione iniziale di Keplero sul Nulla. Ma il nulla materiale ci rimanda ad un altro nulla, quello esistenziale: nulla esiste, ripeteva Gorgia da Leontini: «Vedi, a me non importa l’eternità. È noiosa./ Tutto in fondo si ripete all’infinito. Io amo/ le cose che finiscono soprattutto se posso/ sentirne il suono …». E torna il tema forte del nichilismo col nietzschiano eterno ritorno. «Sono soli persino gli alberi/ nei boschi …», e ancora: «Questo nulla che ho dentro/ somiglia a un fiore …», «Ho aperto la finestra e la stanza/ si è riempita di bianco …». La neve tinge tutto di bianco, crea una visione monocolore, avvicina al deserto, al silenzio, all’infinito, al mistero, a quel mistero intangibile del “nulla eterno”. E proprio questa raccolta si riannoda a quella foscoliana “Sera”: «e quando dal nevoso aere inquïete/ tenebre e lunghe all’universo meni». È un opera che fa riflettere e ci offre uno spunto di ricerca di vita intenso e dirompente. La poesia deve far pensare, non può lasciarci intatti, ma deve renderci perplessi. Se è questo ciò che ci aspettiamo dai versi, lo possiamo trovare certamente leggendo queste perle di Giovanna Iorio.


Vincenzo Capodiferro

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